Ubicato al pianterreno di un modesto edificio storico che beneficia di una suggestiva posizione prospicente la piccola e antica chiesa di Sant’Efisio (amatissimo protettore della città), questo studio di architetto è caratterizzato da una calda atmosfera a metà fra quella di uno spazio di lavoro e quella di una delle accoglienti sale di soggiorno in cui si potrebbe essere ricevuti in molte delle case dello storico quartiere circostante, prevalentemente destinato all’uso residenziale.
Una volta oltrepassata la soglia il visitatore si trova in uno spazio ibrido, in cui la sala d'attesa si fonde con le postazioni dei disegnatori (sulla destra, rispetto all’ingresso, presso le finestre che si affacciano sulla strada principale), con un’area riunioni e con la postazione del responsabile dei progetti. Quest’ultima si staglia contro una parete in cui campeggia la riproduzione di un’opera del fotografo olandese Hendrik Kerstens, conosciuto per le molte immagini della sua figlia/modella ritratta in posture ed atteggiamenti che rimandano ai soggetti della pittura fiamminga del ‘600, da lui evocati attraverso il solo uso magistrale delle luci e l’ironica introduzione di banali oggetti di uso quotidiano (come, in questo caso, una semplice busta di plastica da supermarket). La presenza di questa immagine in questo luogo si giustifica per la sua valenza di perfetta allegoria moderna della vera creatività (fatta di semplicità e colpo di genio) oltre che per essere una sottile ma efficace sottolineatura dei valori culturali ed affettivi che legano l’architetto ai paesi di area fiamminga. Aldilà di questa parete si trova uno stretto e breve passaggio che introduce alla stanza dell’architetto, in cui si trovano nient’altro che il suo tavolo di lavoro, una libreria che corre lungo tutta una parete, sotto le finestre che si affacciano sul sagrato della chiesa, un divano classico negligentemente ricoperto da un drappo grigio, una libreria da centro stanza (la “Ex-Libris”, disegnata da Pierluigi Piu) ed una tenda viola riccamente drappeggiata che nasconde sia l’accesso alla zona kitchenette/toilette, sia una parete bianca che viene usata per proiezioni di presentazione dei progetti.
Sospeso alle travi del soffitto si vede un orologio degli anni ‘40 proveniente dalla locale stazione ferroviaria, mentre tutti i telefoni d’epoca presenti sui tavoli di color violaceo fanno parte della collezione privata dell’architetto. Tutti gli arredi (meno che le sedie “Tolix” di Xavier Pauchard e le poltroncine della zona d’attesa) sono eseguiti su disegno di Pierluigi Piu.